Il microonde è un elettrodomestico utile ma c’è un gesto che mette a rischio la salute dei bambini e che fanno tutti. Ecco di cosa si tratta.
Semplificare la vita in casa è il compito di molti elettrodomestici: uno dei più utilizzati è il microonde. Con questo si può riscaldare il cibo senza dover necessariamente accendere il forno. È un valido alleato per chi ha poco tempo e vuole gustare qualcosa di caldo, scaldandolo in pochi secondi.
In realtà si fa un utilizzo diffuso del microonde scaldando qui anche qualcosa che non si dovrebbe: il biberon dei bambini. Questa pratica è ormai consolidata da tanti genitori che vogliono recuperare tempo e evitano di accendere il fornello per scaldare il latte. In realtà, anche se lo fanno tutti, bisognerebbe evitarlo perché ci sono dei rischi.
L’utilizzo diffuso del microonde mette a rischio la salute dei bambini: il pericolo delle microplastiche
Scaldare il biberon (ma anche i contenitori in genere per gli alimenti dei bambini) usando il microonde vuol dire far rilasciare miliardi di nano e microplastiche. Queste particelle vengono poi ingerite dai bambini insieme al latte e al cibo. Il pericolo sta nel fatto che, nei test in vitro, queste provocano la morte delle cellule renali (tre quarti di quelle inizialmente messe in coltura) in soli due giorni. Questo avviene anche con la plastica che di solito può andare in microonde.
In un articolo pubblicato su Enviromental Science & Technology dai ricercatori dell’Università del Nebraska, sono emersi dei dati su un test effettuato proprio su dei biberon acquistati al supermercato. I ricercatori hanno verificato che cosa accadeva a due contenitori per cibo per bambini di polipropilene e a una busta di polietilene, entrambi approvati dalla Food and drug administration americana (Fda). Sono stati riempiti con acqua deionizzata oppure una soluzione di acido acetico al 3% (per simulare più o meno le caratteristiche debolmente acide di numerosi alimenti e bevande a base di latte, così come frutta e verdura).
Dopo aver scaldato nel microonde i contenitori e le buste per 3 minuti a 1000 watt, gli studiosi hanno analizzato le nano e microplastiche nel cibo e nelle bevande che erano stati riscaldati. Il numero variava in base al tipo di contenitore e all’alimento presente. Però sono stati fatti dei calcoli: il numero di microparticelle e nanoparticelle assunte può essere veramente elevato, attorno ai 20 nanogrammi per chilo al giorno. Gli studiosi hanno anche verificato l’effetto di queste particelle sui tessuti umani.
Hanno messo a contatto una coltura di cellule renali embrionali, che assomigliano a quelle di un neonato in fase di maturazione, con una soluzione di micro e nanoplastiche in una concentrazione simile a quella che un bambino mediamente raggiunge in un giorno con un’alimentazione normale. È emerso che dopo soli due giorni, solo il 23% delle cellule esposte alle concentrazioni più elevate era ancora in vita. Quindi secondo gli autori dello studio è necessario evitare di usare questi contenitori, anche se ciò è difficile dato che sono molto diffusi.
Piuttosto bisognerebbe sostenere la ricerca di nuovi polimeri che non rilascino nessuna micro o nanoparticella. I genitori, poi, dovrebbero essere informati di quante micro o nanoparticelle rilascia la plastica di cui è composto il contenitore del cibo o il biberon del bambino e, leggendo le etichette, optare sempre per prodotti certificati “microplastic free” o “nanoplastic free”.